Il personaggio di turno � l'operaiona bianca e soda, che la mattina nella pi� sperduta campagna infimoveneta, pedala sull'asfalto umido tra i filari d'olmi e di pioppi tremuli. Pedala uggiosa, nell'atmosfera nebbiosa, diretta al lavoro nella fabbrichetta - neppur tanto piccina - di sbucciapere automatici brevettati in tutto il comune mercato. Eccola insomma l'operaiona, dalla gamba pelosa anzichen�, ricca di coscienza di classe e di peli ascellari lussureggianti, bianca oca paffuta, solida e morbida ad un tempo, come una forma di cacio dimenticata in soffitta. E la vediamo tutta protesa sul sellino verso l'alba radiosa del sol dell'avvenir, il progresso e l'indomani, protesa soprattutto perch� a forza di pedalarsela su e gi� pel Polesine le si son formati due calli inumani sulle chiappone, gi� di per s� assai capienti. Sarebbe infatti ora di pensare un po' anche al benessere del lavoratore del secondario, porca puttana, che siam s� la gleba pezzente che suda e lavora, ma alle cinque virgola trenta di mattina qui tira una bava boia: la sizza nella zizza, e so io dove possono andare a farselo incanalare cantori e registi del realismo narrativo o cinematografico che sia. Al cinema di fino del resto ci si va poco che non ci abbiam mica tempo, neh, e a noi della cmaiuscoloclasse piaccion pi� tutto sommato pellicole come "Maciste contro Garibaldi", oppure "Zorro e Godzilla contro San Giuseppe e l'ombra che cammina", che almeno fanno un po' lavorare anche il cervello e non solo le ganasce o i polpacci come le mortadelle o le biciclette.
Insomma, mentre digeriva la prima colazione di polpette e vino clinton, l'operaiona se la pedalava nel piovasco fanghiglioso sulla statale 119 in direzione Sud-Sudovest, verso Casalecchio per intenderci, quando ad un tratto le frena, stride e guaisce accanto una Giulietta TI granturismo con tanto d'antinebbia giganti da val Padana e gatto finto sul ripiano posteriore con la testa mesta che oscilla affermativa e sul collo a molla, quasi accondiscendendo alle mute domande del traffico. Il tutto appartiene a Loisi Alfredo, di professione Cavaliere del lavoro, sposato ed arrapato, figli due di cui uno mentalmente tarato sin da piccino per colpa di Mendel; ma che non si sappia troppo in giro per carit�, ch� altrimenti tutti i ragionieri del rovigino col figliolo non completamente rimbecillito si senton subito chissach�. Stridor di freni, immancabile pulvinembo da brusc'arresto, cigolii futuristi: il Cavallavoro scende dalla macchina trascinandosi dietro le gambette corte da democristiano, con un aspetto da satiro bassotto col culetto subito sotto le ascelle, molto made in Italy insomma.
Naturalmente si piazza subito in mezzo alla carreggiata e declama con sguardo terreo all'operaiona appropinquantesi alcuni versi, simile ad un immaginifico vate coi veltri. Si rivela tuttavia un po' incerto tra il trimetro elegiaco sgambettante ed il dimetro giambico cigolante. Quest'ultimo, cotto per il suo verso e spruzzato a puntino di chiasmi, rosmarino ed ossimoro tritato, con una puntina di asindeto e maggiorana, piace assai alle balie zizzute e zeppe d'umori lattei, ai relativi infanti esposti al pubblico ludibrio della carrozzella e, per tornare a noi, anche alle operaie venetoemiliane padanissime e spiccatamente mammifere come quella che qui c'interessa. Insomma l'equino del lavoro recita quanto segue all'operaiona:
Primamente intravidi il tuo pi� stretto
scorrere su pe' gli agili pedali
ove est�ava l'aere con grande
tremito, quasi bianca vampa effusa.
Le cicale si pacquero. Pi� loschi
si fecero i monelli. Curiosa,
la resina gemette gi� pei busti.
Riconobbi il proleto dal sentore...
E qui purtroppo, interpretando non a torto l'ultimo verso come una patente e pesante allusione allo scarso uso operaio di deodoranti intimi, la nostra eroina decise di fuggire e, lasciato l'abominevole padre del mentarato nel mezzo del padano stradone, calc� sui pedali i talloni, dandosela ciclisticamente a cosce levate, sballonzolando sul sellino tutte le chiappe possibili immaginabili racchiuse nella loro brava mutanda grezza, fradicia d'umori antichi, succosi sudori, olezzanti inviti e nascoste promesse.
Oggi per� anche la Classe fa larghissimo uso dei pi� esiziali deodoranti ombelicali, soprannasali e rettali; per piedi caprini, var�, fessi, di porco e piatti; per gli interstiz� nascosti delle pieghe epatiche; per le pi� recondite ed oscure cavit� auditive della nonna paralitica; deodoranti speciali per sordomuti di guerra, oculisti c�scheri ed occultisti bischeri; bagni schiuma alla mela acerba, alla menta peperita, alla mortadella emiliana, allo zabaione con le amarene; shamp� (� il plurale di shampoo) al Gorgonzola, al pasticcio di lasagne fumanti, alla passerina di fogna, pensati affinch� l'amore sia tutto un sapore. Deodoranti per tutta la famiglia, per i vicini, per chi pi� ne ha pi� ne umetta e per la portiera indagante ed intrigante cui sono indigesti gli indigeni indigenti; speciali profumi per umbratili suore audaci; per marinai effeminati; per aristocratici spazzini napoletani; e per adolescenti rinchiusi motivatamente al Cotolengo sin dalla nascita.
Ma l'operaiona potrebbe - al contrario - essere profumata in abbondanza: Basta dirlo. Eccola qui allora tutta olezzante con quei suoi begli odoroni freschi e pungenti da saponetta di bucato antica ed aprica, marca 'Sole': mattoncini gialli, grandi cubetti grezzi destinati a chilometri di pellaccia sudorosa che � oltremodo piacevole lavare ben sfregando, strusciando, strofinando e strigliando con una spugnona ruvida. Inimmaginabili estensioni di pelle umidiccia e a suo tempo sporchina cui donare confricando un delicato profumo concentrato di lavanda chimicissima color blu di brezza marina, come il perossido di cobalto, o verde pignolo montano come il bisolfuro di rame; spumone allegre che si perdono roteando a vortice nel roco gorgogl�o dello sciacquone del bid� per unirsi tutte allegramente schiumin schiumello in una rustica pavana d'est�ante gioia, danzata nel ruscello-scolo del paesino o nella cloaca della desolata periferiola.
Ma torniamo rinfrancati alla nostra storia per analizzare finalmente la lacera, mistica, ostica e becera figura di Santa Costicina da Forl�, patrona delle cicliste padane con le tette sode, invero loro curiosamente somigliante (Non si tratterr� mica della medesima persona?). Ah beata la Costicina! Ascesa in cielo in un'apoteosi di fagiolini e soppressa, coronata di radicchio rosso e fettine di polenta, cara da Dio, faceva saliva solo a guardarla, come diceva infatti anche quel birbante dello Spirito Santo, appollaiato in canottiera e mutandoni sugli alti rami d'un abete emiliano, intento appunto a togliersi i santissimi pidocchi di dosso spiando sante, santine, santole e santarelle in bici, per poi salivare pavlovianamente al drin-drin del campanellino e scendere con la lingua penzoloni a far loro profferte pi� o meno sconce per conto di terzi pi� trascendenti che intraprendenti.
Bisogna infatti dire la verit� e guardarsi dal dire la falsa testimonianza (commandment number eight): questo santo nonch� bello spirto era una sorta di len�ne mistico e furbastro sin dai tempi della liberazione della Palestina, un magnaccia d'Iddio insomma, losco mediatore di libidine e corruzione, tanto che la squadra mobile di Forl� lo ha gi� in pi� occasioni diffidato dal rimettere piede nella provincia e una volta addirittura rispedito a Forlimpopoli col foglio di via obbligatorio. Insomma, profferisci oggi, profferisci domani, si sa come son le costicine, anche se sante: dure di spirto ma molli, saporite e sugose nelle carni, sicch� anche 'sta qua alla fine c'� stata. Lo spiritaccio santo le fissa l'appuntamento alla Capponcina, con sua ubiquit� il Di�ppadre che nonostante l'et� - o forse mosso proprio da una di quelle bizzarre infatuazioni
senili tanto frequenti nei vecchiacci arteriosclerotici - gi� da qualche giorno s'andava preparando a suon di deodoranti al connubio nei suoi appartamenti celesti; e questa incosciente di Costicina che va a trovarlo cos�, nel buio della notte, come se niente fosse. Lui, Di�ppadre, le si presenta coll'onnipelo del petto in vista, in vestaglia di seta rosa ciclamino, con ricamato sulla schiena alla giapponese, come il drago sul chimono, il triangolone con l'occhio insonne e ciclopico. Questo era infatti il simbolo d�ddio sin dall'asilo, quando per riconoscere ciascuno il proprio grembiulino gli asilati avevano chi una stella di mare, chi una monade, un ippocampo o una mazzetta di banconote; ma Ildio invece sempre 'sto triangolo con l'occhio sbarrato. Alla scuola di perfezionamento per esseri piuccheperfetti Ildio era poi terribilmente irrequieto, soprattutto nell'ora di creazione, un vero diavoletto: sprizzava divinit� da tutti i pori e faceva di continuo dello spirito, anche durante il sacr'appello. Infatti, dopo -"Mago Zurl�!" -"Presente!" e dopo -"Man Drake!" -"E' sparito signor Maestro!". Si sentiva poi -Manit�!" -"Presente!", e quando toccava a lui: -"Mi�dio!", rispondeva: -"Onnipresente!" e gi� divine risate. Ma si divaga: torniamo a Costicina che abbiamo lasciato in una situazione assai delicata. Quando Santa suona t'arriva appunto ad aprir la porta nientepop�dimeno che l'onniveggente onnivoro in persona, tutto profumato di Denim, con il suo sacr'affare trino, turgido ed onnimovente sotto il pigiamino un po' liso e grigiastro, color crema avariata, corredato di falpal� ed alamari giallobianchi alla vaticana, una tenuta insomma non particolarmente divina: un po' da portiere sbiadito e di terz'ultima categoria oppure da salumaio in vacanza a Milano marittima fuori stagione.
Il nuvolone accoglie la santa e subito - spaf! - con quella mancanza di finezza che ha sempre contraddistinto i cattolici padani, -spatapam!-, infila la manona divinamente callosa sulle, nelle e tralle tette di Costicina, le quali oltre che beate si dice fossero anche belle sode.
Queste santettine, immortalate in riuscitissimi santini hard a rilievo, rappresentano infatti da sempre la delizia dei sordidi e sordastri ragazzini che infestano gli orator� italici, pronti tra un biliardino interruptus ed una comunione-Knaus a sfogare i propri desiderietti sessuali sulle immagini conturbanti di Santa Cristina frustata dai Romanacci in foia, su quelle pettorute di Sant'Agata (la Santa protettrice delle tette di Catania) o sugli altri numerosi santini a luce rossa.
Costicina scosta con casta costumatezza il sacr'abbraccio, fa un inchino a Ildio e chiede dove sian mai gli altri invitati al party: S. Otterfugio, protettore dei palafrenieri equivoci; S. Ussidiario, protettore dei ripetenti elementari di terza; Santa Chilotona, protettrice dei giapponesi; S. Alamino, protettore della Citterio e, soprattuttisanti, S. Se. Bastiano il cui semitorso maso-frecciaiolo manda da sempre in fregola suorette e santine. Ma non c'� santi n� Madonne: il divino appartamento � vuoto, un vecchio giradischi diffonde musica delle sfere e ci vuole purtroppo assai poco per accorgersi di quali siano i veri intenti del Dio Marpione.
Della scabrosa scena che segue viene qui di seguito riportato solamente il sonoro: "Togliti questo! Sstraap! / No, Oh Signoreddio! / Esinamisci! Togli anche l'aureola! / Basta, Di�ssanto! / Eccomi! Guarda l'onnipotente! / No, ti prego no, questo proprio no! / Ah ah ah, pregami un po' questo, troietta! / Vergogna, individuo indivino! / Al�! Girati, che t'adopero la reliquia! / Vanne, maledetto maldio!" e cos� di seguito per ore ed ore in modo imperscrutabile ed onnisciente, sino a totale consumptio sanctae.
Insomma, gira e rigira ad un certo punto Santa Costicina � finita in un campo di concentramento italiano per ripetenti di quarta elementare, costretta a cantare a squarciagola le canzoni dello Zecchino d'oro ed a piantar abeti in occasione della festa nazionale dell'albero, seminuda, macilenta e lacera, sorvegliata da terribili guardie forestali con gli stivali neri, l'accento di Carpi ed il mezzo toscano in bocca. Qui balza sulla scena una figura notoriamente cara all'autore: quella dell'italo bambinone nel grembiulone nero col fioccone azzurro, sguardo ebete e testa rapata talmente a zero che spesso ne risultano serie abrasioni al cuoio capelluto. Com'� noto lo scolaro ripetente � caratterizzato dall'arguzia e dalla vivacit� dei campi di patate di sei ettari cui di frequente s'accompagna uno sguardo tanto maligno quanto perso nel nulla. Spesso il bambinone � scontroso e salvatico, financo permaloso, e tiene la manona tozza e rossastra ascosa e contratta nella tascona del grembiulone, la qual tasca � ovviamente fornita d'apposito bucone a contatto del mutandone per sfoghi sessuali improvvisi e/o titillamenti in caso d'emergenza pubere tipo visione della bidellona col suo culone sfrontato mentre sale sola le scale della scuola. Questo della bidellona, spesso occupata in misteriose operazioni di pulizia carponi, � un personaggio che da sempre allieta i sogni dei pi� inquietanti esemplari di scolaro peninsulare, dai rudi montanari della Calabria del Nord ai pigri pecorai del Tirolo meridionale.
Assieme alla nostra Costicina ed altre giovanissime quanto traviate Sante-madri si trovavano infatti nel lager mandrie di scolari, sorvegliate a vista dalle temibili suore della congregazione di Santa Aguzzina dello sperone ed occupate nella meritevole quanto faticosa opera di svellere vecchi ed inutili ippocastani giganti per sostituirli con emaciati abeti nani d'incerta crescita. Una sera, dopo aver dovuto sopportare l'ennesima angheria gastronomica romagnola: la pancia zeppa di tortellini freddi del giorno prima e di chinotto tiepido, Santa si trascin� gemendo sino alla tenda degli scolaroni rapati e concord� sottovoce un piano di fuga. Un ripetente tatuato di quarta, enorme e particolarmente brutale, segu� Costicina nella notte e utilizzando il proprio fiocco azzurro strozz� senza rimorsi una delle suore vigilanti. Santa pratic� un valico nella recinzione ed i due fuggirono assieme in direzione di Porretta Terme, mentre l'intero passo della Futa veniva illuminato a giorno e si sentivano gli ordini gutturali dei forestali ed il latrare astioso delle suore e dei cani, frammisti alle urla di dolore degli scolari e delle Santine rimasti prigionieri, costretti a mangiare enormi piatti di bucatini al rag� senza salviette n� tovaglioli.
Costicina e Rip riuscirono a sfuggire all'inseguimento gettandosi tra le felci dell'Appennino toscoemiliano, e consumarono una breve stagione d'amore nascosti in una pensioncina alla periferia di Comacchio. Ben presto per� i pochi soldi ricavati dalla vendita dell'aureola terminarono e per sbarcare il lunario Costicina fu costretta ad allevare anguille nella vasca da bagno. Rip invece si era assuefatto ad un terribile miscuglio di Sangiovese e Lambrusco e deperiva a vista d'occhio. Sarebbe certo morto in qualche angiporto di Comacchio se non gli fosse nel frattempo e per sua fortuna arrivata la cartolina di richiamo: Le scuole elementari d'Italia lo invitavano a ripresentarsi per l'ennesima volta in quarta a partire dal primo ottobre.
Il 30 settembre si trovarono entrambi nella sala d'aspetto di seconda classe della stazione per promettersi eterno amore, stringendo in mano chi un sussidiario e chi l'anguilla. Santa piangeva a dirotto mentre carezzava l'enorme, ispido testone rapato ed i tatuaggi bluastri di Rip. Sapevano bene che non si sarebbero mai pi� rivisti e che la loro storia era giunta alla fine. Rip sal� sull'accelerato per Campobasso senza mai voltarsi indietro.
Costicina usc� dalla stazione con passo lento, sgranocchiando di malavoglia un'anguilla; inforc� la bicicletta e si avvi� al
lavoro pedalando lenta.
Gli occhi umidi non le impedirono tuttavia di
vedere i cartelloni del film in programma
alla casa del popolo: "Tarzan contro il materialismo dialettico".
Costicina si ripromise d'andarci in
serata in cerca di nuove avventure.
(solo se veramente necessario): Francesco.Vianello(at)CES-CdR(point)be